Bella degli Abati, la mamma di Dante. La figura materna nella Commedia

Poche sono le informazioni biografiche relative all’infanzia di Dante Alighieri, nonostante la fama da lui poi raggiunta come poeta della Divina Commedia e padre della lingua italiana. Immaginate, quindi, quanto scarne possano essere le informazioni che ci sono giunte sulla sua mamma Bella.

La famiglia degli Abati

Stemma della famiglia degli Abati.
Fonte: Archivio di Stato di Firenze.

La madre di Dante era infatti, con ogni probabilità, Gabriella di Durante degli Abati, appartenente a una ricca e potente famiglia che abitava nello stesso quartiere degli Alighieri. Ciò spiegherebbe sia il nome del sommo poeta, che avrebbe così ereditato il nome del nonno paterno, sia il perché Durante degli Abati si fece garante di prestiti concessi ai fratelli Alighieri, Dante e Francesco. Gli Abati erano Ghibellini e gli Alighieri, come è noto, erano invece dei Guelfi. Ma ciò non deve stupirci poiché molto spesso i matrimoni fra le famiglie avversarie si combinavano proprio per porre una piccola tregua alle contese.

Il piccolo Dante Alighieri però rimase orfano della madre quando era ancora in tenera età e quando era poco più che decenne, anche del padre. Dante non racconta praticamente niente della sua infanzia, per cui non c’è neanche dato conoscere quale fu il rapporto con la seconda moglie del padre, Lapa Cialuffi. 

La figura della madre nella Commedia

Anche nella Divina Commedia, Dante accenna solo poche volte e vagamente, a se stesso e ai propri familiari. In particolare non nomina mai direttamente la propria madre. Ma il termine “mamma” compare certamente tra le terzine dantesche che descrivono il viaggio del poeta pellegrino nei tre mondi ultraterreni. Nel Purgatorio, esattamente nel V girone, Dante, con la sua guida Virgilio, incontra il poeta latino Stazio. L’ autore della Tebaide e della Achilleide, vissuto nel I secolo d.C. dopo essersi presentato, inizia una commossa esaltazione di Virgilio e della sua opera, affermando che l’Eneide, “la qual mamma / fummi, e fummi nutrice poetando” (Purg. XXI, 97-98). Stazio ci sta dicendo che l’ Eneide non solo alimentò ed educò il suo spirito poetico, ma fu una vera e propria madre che generò in lui l’amore per la poesia. Dante allora rivela a Stazio il nome della sua guida, Virgilio ed i tre poeti continuano il viaggio sul monte del Purgatorio, fino a quando, davanti a loro appare una processione che avanza lentamente verso il fiume Letè: siamo nel Paradiso Terrestre. In mezzo a una nuvola di fiori, vestita di rosso, coperta di un manto verde, con il capo cinto da un velo bianco, sostenuto da un ramo di ulivo, appare davanti agli occhi di Dante, l’amata Beatrice. Il poeta pellegrino, smarrito dalla forza dell’ amore che in quel momento lo prende, si volge verso Virgilio, accorgendosi però che il Maestro lo ha lasciato. Il sommo ci descrive quel momento così: 

“volsimi alla sinistra col rispitto
col quale il fantolin corre a la mamma
quando ha paura o quando elli è afflitto”

(Purg. XXX, 44-45).

Quindi Dante si paragona ad un bambino che corre dalla mamma quando ha paura o prova dolore esprimendo con estrema semplicità, tutto il suo affetto per “Virgilio dolcissimo patre” (Purg. XXX, 50).

Maria: la madre delle madri

Ed ecco che giungiamo nel Paradiso, luogo in cui la figura della madre delle madri, la Vergine Maria, è celebrata. Ora è Beatrice la guida di Dante. Una volta giunti nei pressi dell’Empireo appare davanti a loro la figura della Madre di Cristo, circondata dagli Apostoli. L’arcangelo Gabriele innalza un inno di lode a Maria, imitato da tutti i beati. Dopodiché ella ascende all’Empireo e mentre ella si allontana verso l’alto, i santi, per manifestare tutto il loro affetto, si protendono, si allungano verso l’alto, verso di lei. Dante li paragona a dei bambini che cercano di raggiungere la propria mamma tendendo le braccia: 

“E come fantolin che ‘nver’ la mamma
tende le braccia, poi che ‘l latte prese,
per l’animo che ‘nfin di fuor s’infiamma”

(Par. XXIII, 121-123). 


Anche all’Inferno

Ma il termine “mamma” lo troviamo anche nell’Inferno. Siamo nel cerchio dei traditori, nella zona detta Antenora, dove sono puniti i traditori della patria. Dante dimostra un totale e freddo distacco di fronte alla sofferenza di queste anime. Tale distacco trova forma nel dato espressivo utilizzato dal poeta nella Commedia proprio da questo canto in poi (“le rime aspre e ciocche,/ come si converrebbe al tristo buco/ sovra ’l qual pontan tutte l’altre rocce”, Inf. XXXII, 1-3). Descrivere ciò che il poeta vedrà nelle Malebolge, non è, infatti, 

“impresa da pigliare a gabbo
discriver fondo a tutto l’universo,
né da lingua che chiami mamma o babbo”
(Inf. XXXII, 7-9). 

Non si tratta, cioè, di un’impresa da prendere alla leggera descrivere il fondo dell’Inferno, creduto allora il centro della Terra e quindi il centro di tutto l’universo. Non è questa una visione che si può descrivere agli altri con una lingua infantile, dei bimbi piccoli che imparano a dire mamma e babbo.

Dante incontra un suo antenato

Avanzando sulla superficie ghiacciata del Cocito, Dante colpisce con il piede, una delle teste che da essa emergono. Il dannato chiede il motivo di tanta crudeltà. Il poeta vorrebbe conoscere il nome del dannato, ma questi non vuole rivelarglielo. Dante allora lo prende “per la cuticagna” (Inf. XXXII, 97). Dante, cioè lo afferra per i capelli e gli strappa diverse ciocche. Allora un altro dannato che appaga il desiderio del pellegrino rivelando il nome del traditore: è Bocca degli Abati, colui che a Monteaperti recise, con un colpo di spada, la mano del porta insegna della cavalleria fiorentina, provocando la sanguinosa sconfitta dei guelfi di Firenze contro i ghibellini di Siena. Un Abati, quindi, membro della famiglia della mamma di Dante, aveva provocato la tremenda e celebre sconfitta.

Gustave Doré, Dante incontra Bocca degli Abati.

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Bibliografia

Bargellini P., La splendida storia di Firenze. Da Giulio Cesare a Dante, Vol. 1, Firenze, Vallecchi, 1980
Santagata M., Dante. Il romanzo della sua vita, Milano, Mondadori, 2020Dante Alighieri, La Divina Commedia, con prefazione di Giuseppe Ungaretti, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1965