A conclusione di questo 2021

Il nostro 2021 si è concluso alla grande (nonostante tutto…)!
Infatti, anche se il calendario di eventi si era già concluso ormai da più di un mese, le attività su prenotazione hanno permesso di continuare il viaggio alla scoperta di Dante Alighieri per la Toscana.
Il 30 dicembre, infatti, Beatrice Portinari ha accompagnato un gruppo di amici della Puglia alla scoperta dei luoghi danteschi del Casentino. Mentre il giorno seguente il cammino è continuato a Firenze, nella città del Sommo Poeta, dove, con Matelda, abbiamo potuto leggere le tracce ancora presenti del Medioevo passato in quello che viene comunemente detto appunto il quartiere di Dante (nel cuore della città). Infine, abbiamo raccontato la storia del Sommo Poeta, ma anche quelle del pittore Giotto e di San Francesco nella bellissima cornice della basilica di Santa Croce.

Ricordandovi che offriamo attività dantesche su prenotazione, vi lasciamo qualche scatto di queste due giornate.

L’ultimo evento della stagione!

Nella serata di ieri sera, 13 novembre, ci siamo recate presso Villa Pecori Giraldi a Borgo San Lorenzo, nel cuore della valle del Mugello. L’occasione che ci ha portato lì è stata la IV edizione dell’Ingorgo Letterario, ovvero il festival del libro e degli autori organizzato dal Comune di Borgo San Lorenzo.

Per concludere la giornata ricca di attività e presentazioni di libri, abbiamo proposto un evento dedicato al rapporto di stima e amicizia tra il Sommo Poeta Dante Alighieri e il celebre pittore di Vicchio del Mugello, Giotto di Bondone.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, ma non solo: essendo questo stato l’ultimo evento previsto per il calendario 2021, cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che ci hanno accompagnato in questi mesi alla scoperta e ri-scoperta del grande letterato fiorentino di cui non possiamo non andare così fieri.

Restate con noi, perché sicuramente ci rivedremo!

Le Donne della Commedia per l’Ingorgo Letterario 2021 – Borgo San Lorenzo

Dall’8 al 14 novembre 2021, a Borgo San Lorenzo, si terrà la IV edizione del Festival del Libro e degli Autori, ovvero l’Ingorgo Letterario del Mugello dedicato a chi legge, a chi scrive e a chi pubblica. La manifestazione è sostenuta dal Comune di Borgo San Lorenzo e diretta da Serena Pinzani.

Il programma completo: qui.

E se si parla di libri e scrittori, come non fare riferimento al più grande autore della letteratura italiana? Ecco quindi che ci saremo anche noi a Borgo San Lorenzo per questa bellissima occasione! Sabato 13 novembre 2021, alle ore 21:00, proponiamo una visita recitata con letture tratte dalla Divina Commedia di Dante Alighieri. L’evento sarà totalmente gratuito e si svolgerà presso Villa Pecori Giraldi (Piazzale Luciano Lavacchini, 1, 50032 Borgo San Lorenzo FI).

La prenotazione è gradita a ingorgoletterario@gmail.com

Ricordiamo, inoltre, che per partecipare agli eventi dell’Ingorgo Letterario è obbligatorio esibire al personale di competenza il Green Pass (Certificazione Verde).

Le Donne della Commedia a Il Castagno d’Andrea

Dante & le Donne della Commedia
Domenica 31 ottobre dalle 10:00 | Il Castagno d’Andrea

(Comune di San Godenzo – Provincia di Firenze)

In occasione della 51° edizione della “Ballottata”, la sagra del marrone de Il Castagno d’Andrea, che si terrà il 24 e il 31 ottobre 2021, per la domenica mattina del 31 proponiamo nel piccolo paese che risale il Monte Falterona un nuovo appuntamento dedicato al Sommo Poeta!
L’evento si svolgerà per le vie del paese e vi porterà alla scoperta del legame tra Dante Alighieri e il territorio, ma anche con il celebre pittore Andrea del Castagno, (1421-1557), originario proprio di questo paese.

A raccontare tutto questo sempre noi, le Donne della Commedia: Beatrice Portinari, Gemma e Piccarda Donati, Francesca da Rimini e Matelda. Attraverso le nostri voci e le nostre vite, vi parleremo di Dante, della nostra condizione di donna nel Medioevo e della nostra importanza nella vita o nell’opera del Sommo.

L’affresco di Andrea del Castagno che ritrae Dante Alighieri con nella mano destra la sua opera universale, la Divina Commedia. Il ritratto risale al 1450 e per un certo periodo lo scorso agosto è stato accolto presso il Centro Visite di Castagno d’Andrea per il progetto Terre degli Uffizi.

Il costo previsto per il singolo partecipante è di 10€.
E’ possibile effettuare la propria prenotazione telefonando o scrivendo su Whatsapp al 3383888057 oppure inviando una mail a ledonnedellacommedia@gmail.com
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Evento in collaborazione con il Comune di San Godenzo, il Centro Visite Giropoggio del Parco Nazionale Foreste Casentinesi e l’Associazione Andrea del Castagno.

Le Donne della Commedia per l’Eredità delle Donne OFF 2021

Anche quest’anno si terrà la rassegna Eredità delle Donne OFF, progetto di Elastica insieme a Fondazione CR Firenze, con la direzione artistica di Serena Dandini e la partnership di Gucci. Il festival si avvale della co-promozione del Comune di Firenze, il contributo di Poste Italiane e la collaborazione di Manifattura Tabacchi.

Tra i più di 180 eventi ci saremo anche noi con il Tour per il quartiere di Dante a Firenze! Vi accompagneremo alla scoperta del Sommo Poeta nel quartiere in cui nacque e visse fino al suo terribile esilio dalla città del Giglio. A guidarvi e farvi scoprire la sua vita e la sua opera, la Divina Commedia, saremo cinque donne: Beatrice Portinari, Gemma e Piccarda Donati, Francesca da Rimini e Matelda. Tutte donne che hanno accompagnato Dante nel suo viaggio reale e in quello spirituale dalle profondità dell’Inferno fino alle stelle dell’Empireo.

Il tour avrà durata di un’ora e un quarto: il ritrovo è previsto in Via Santa Margherita 1, davanti al Museo Casa di Dante (ricostruzione delle abitazioni degli Alighieri) alle ore 15:30; termineremo la nostra passeggiata in Piazza Santa Croce.

Il costo previsto è di 15€ (10€ per ragazzi/e dai 12 ai 18 anni compresi; 5€ per bambini/e dai 6 agli 11 anni compresi) comprensivo di assicurazione e auricolari. Al termine lasceremo un dolce ricordo a tutti i partecipanti.

Per qualsiasi informazione e per prenotare la propria partecipazione non esitate a contattarci: potrete farlo tramite mail a ledonnedellacommedia@gmail.com o tramite telefono al 3383888057 (anche Whatsapp).

San Giovanni tra inganni e Commedia

Oggi, 24 giugno, come ogni anno a Firenze (e non solo! Sono tantissime le città e i paesi legati a quest’uomo) festeggiamo San Giovanni Battista, patrono della città. Ma perché proprio lui?

La storia di Giovanni Battista

Giovanni, nato per miracolo da madre sterile a seguito dell’annuncio dell’arcangelo Gabriele, fu l’ultimo profeta dell’Antico Testamento. Egli condusse parte della sua vita profetizzando la venuta del Cristo esortando alla conversione e alla penitenza coloro che si erano macchiati di peccato per essere, quindi, in grado di accogliere la nuova vita. L’uomo usava battezzare nelle acque del Giordano tutti coloro che seguivano la sua parola e se molti già consideravano egli stesso il Messia, lui sapeva di essere solo il Precursore. Fu proprio Giovanni, infatti, a battezzare Gesù in persona, portando così a termine la sua grande missione. Purtroppo però, l’uomo si inimicò il re d’Israele, Erode, poiché ne criticava la condotta peccaminosa. La moglie del re, Erodiade, convinse il marito a incarcerare Giovanni, ma Erode non voleva ucciderlo, lo temeva e in qualche modo lo stimava per la sua vita retta e pacifica. La donna, che non si dette per vinta, durante un banchetto fece danzare la figlia ed Erode, per premiarne la bravura, le disse “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”. La giovane, su consiglio della madre, rispose “la testa di Battista”. Così fu fatto, Giovanni venne decapitato e la sua testa portata su un vassoio durante la festa. Era il 29 agosto. Così come per la Vergine Maria, per il Santo si celebra non solo la morte, ma anche il dies natalis, ovvero la ricorrenza della nascita terrena, appunto ricordata il 24 giugno.

Battesimo di Cristo di Guido Reni (Kunsthistoriches Museum di Vienna). Fonte Wikipedia.

Il Battistero di Firenze

Il Battistero, intitolato a suo nome, si dice sorgesse su un antico tempio dedicato al dio della guerra Marte, già patrono dell’antica Firenze romana. Con i longobardi (intorno al VI secolo d.C.) si introdusse il culto di San Giovanni, amato per la cura e la chiarezza dei suoi insegnamenti, ma anche per il suo grande coraggio. Già il suo nome ha un significato importante: in ebraico si trova come “Iehóhanan” e significa “Dio è propizio.

Il Battistero di San Giovanni in Piazza Duomo a Firenze.

Firenze in festa

La festa del Santo Patrono da sempre significa gioia e celebrazioni di ogni tipo per la città del Giglio. Solitamente la giornata termina con i “fochi” dal Piazzale Michelangelo, purtroppo però quest’anno – causa Covid19 – il Comune di Firenze ha deciso di annullare la manifestazione.

Questo però non significa che non ci siano altre modalità di festeggiare! Tra gli altri, infatti, alle 18:00 di questo pomeriggio, il Sindaco Dario Nardella consegnerà 10 Fiorini d’oro a coloro che si sono distinti per il loro impegno in ambito civile, sociale, culturale, sportivo e dell’artigianato. I premiati saranno: l’associazione Duccio Dini; Manetti e Battiloro; l’Associazione Niccolò Ciatti; la famiglia Pinzauti; il Comitato minori abbandonati dallo Stato al Forteto; il sindaco di Ravenna Michele de Pascale (per l’impegno nell’aver custodito accuratamente le spoglie di Dante); Mina Gregori; il Banco Alimentare; medici e infermieri che, nonostante la pensione, sono tornati in servizio per effettuare le vaccinazioni Mandela Forum e – last but not least – i Canottieri comunali.  L’evento avrà luogo al Forte Belvedere.

Quale collegamento tra il Santo e il Sommo Poeta?

Innanzitutto, sappiamo che un anno dopo la sua nascita, nel 1266, l’Alighieri venne battezzato proprio nel suo “bel San Giovanni. E qui, anni dopo, come ci racconta nella sua Divina Commedia, salvò un neonato dall’annegamento nella fonte battesimale che ruppe e rimase tale fino alla fine del Cinquecento: «l’un de li quali, ancor non è molt’ anni, / rupp’ io per un che dentro v’annegava» (Inferno XIX, vv. 19-20).

Dante è, quindi, legato fortemente a questo luogo e al suo Santo, e così anche Firenze stessa che, quando nel 1252 la Zecca Fiorentina coniò per la prima volta il Fiorino d’Oro (prima il fiorino era d’argento e, pensate, era dalla caduta dell’Impero Romano che non si creavano monete con il materiale più prezioso di tutti), decise di raffigurare su uno dei due lati proprio la sagoma del Santo con la scritta “S • IOHANNES • B •” (sull’altro lato vi è il simbolo di Firenze, il giglio). Giovanni è raffigurato in piedi, con l’aureola attorno al capo, indossa una tunica lunga fino al ginocchio e un mantello chiuso all’altezza del petto con un bottone. Oggi è considerata una moneta molto rara e il suo valore è molto alto: piò raggiungere addirittura i 1000€.

Avanti e retro del fiorino d’oro. Fonte Monete di valore.

San Giovanni non vuole…

A questo oggetto e alla raffigurazione del Santo vi è legato un famoso detto toscano: San Giovanni non vuole inganni! Il Fiorino d’oro, fin da subito, divenne la moneta più diffusa e stabile in Europa, utilizzata negli scambi commerciali tra i differenti Stati fece sì che Firenze e la Toscana divenissero delle ricche potenze nel Medioevo. All’epoca, coloro che facevano parte dell’Arte del Cambio, per stabilire se una moneta fosse autentica oppure no, usavano batterla sul loro “banco”, ma con il Fiorino questo non era necessario: esso era talmente solido e affidabile che, appunto, non permetteva alcun inganno!

Matro Adamo, il falsario dei fiorini

In realtà, ci furono delle personalità che tentarono di coniarlo. Una delle più famose è Mastro Adamo da Brescia, familiare dei conti Guidi che ospitarono Dante durante la prima parte del suo esilio. Nel 1281 il castello del piccolo paese del Casentino divenne famoso per una colpa: qui Mastro Adamo coniò, per conto dei Guidi stessi, il fiorino d’oro. Tale crimine veniva duramente condannato nel Medioevo e fu così che l’uomo venne arso sul rogo proprio a Firenze, poco dopo aver commesso il crimine. Nella Divina Commedia i falsari si trovano riuniti nella X Bolgia dell’VIII cerchio. Quando il Sommo giunge in questo luogo nota immediatamente un’anima dannata particolare: ha la bocca aperta per la troppa sete e il ventre molto gonfio («fatto a guida di leuto, / pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia /tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto», Inferno, Canto XXX, vv. 49-51) a causa dell’idropisia (quando nel corpo umano si accumula liquido sieroso). E’ quindi costretto a pensare continuamente ai luoghi del Casentino, dove peccò, così ricchi di freschi ruscelli.

Miniatura tratta dalla Divina Commedia di Alfonso d’Aragona (Franco Cosimo Panini Editore).

Dopo questo breve racconto sul patrono della nostra amata Firenze, non possiamo che augurare a tutti un buon San Giovanni a tutti!

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Bibliografia e sitografia:

Barbero Alessandro, Dante, Laterza, Bari 2020
Seriacopi Massimo, Dante senza veli. Una biografia, Edizioni SettePonti, Castelfranco Piandiscò (AR) 2021

Enciclopedia Treccani, Adamo (Mastro Adamo).
Famiglia cristiana, San Giovanni Battista, il profeta che annunciò Cristo già nel grembo materno.
Firenze made in Tuscany, Tutto quello che dovete sapere su San Giovanni a Firenze.
La Repubblica, San Giovanni, ecco chi verrà premiato coi Fiorini d’Oro.
Paolo Penko, Il fiorino.

San Francesco e il crudo sasso della Verna

Nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno.

Paradiso, XI, 106-108

Se volessimo parafrasare alla lettera questa terzina dantesca, potremmo scrivere che sulla cima rocciosa tra le valli del Tevere e dell’Arno ricevette da Cristo l’ultima approvazione con le sacre stimmate, che le sue membra portarono impresse per due anni. Ma di quale cima rocciosa si tratta? E chi è il soggetto della frase? Per comprenderlo, partiamo dall’inizio dello splendido canto XI del Paradiso dantesco.

San Francesco nel Paradiso dantesco attraverso le parole di San Tommaso

Siamo nel cielo del Sole, a parlare è lo spirito di San Tommaso d’Aquino, che Dante e la nostra Beatrice avevano incontrato già nel canto precedente. L’anima beata di San Tommaso sta spiegando al poeta pellegrino che Dio, per amore della Chiesa, dispose due guide che la conducessero verso il bene, San Francesco e San Domenico, fondatori dei due grandi ordini monastici del secolo XII, i quali avevano come loro scopo fondamentale la riforma morale del mondo cristiano.

E’ a questo punto che San Tommaso inizia la celebrazione della figura e dell’opera di Francesco d’Assisi, mettendo in rilievo le caratteristiche della sua personalità e i momenti più importanti della sua vita e della sua azione. Ecco allora che ci narra come sulla costa del monte Subasio nasce il nuovo sole del mondo. Prima di presentare la figura di San Francesco, infatti, il Poeta presenta il luogo in cui egli nacque e l’ambiente in cui incominciò a svolgere la sua missione. Fra le valli del Topino e del Chiascio si eleva un massiccio montuoso, la cui cima più alta è proprio il Subasio, il monte su cui sorge Assisi:

Però chi d’esso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vole (vv. 52-54).

In questa terzina, Dante sottolinea la rispondenza fra sole vero e sole figurato, poiché egli, nell’antico nome di Assisi – Ascesi – vede il significato di “ascendere”. Così, con la nascita di Francesco ad Assisi nasce il nuovo sole.

L’uomo che sposò la povertà

San Tommaso poi ricorda la rinuncia di Francesco ai beni terreni per abbracciare e sposare l’assoluta Povertà, rinuncia fatta davanti alla curia vescovile della sua città e alla presenza del padre. Francesco, infatti, figlio del mercante Pietro Bernardone, abbandonò le cose del mondo e iniziò la sua vita di ascesi nel 1206, all’età di ventiquattro anni. Fondamento della sua nuova vita e della sua dottrina fu l’amore per la povertà. Per essa dovette lottare contro la fierezza del padre, che giunge a citarlo davanti alla curia vescovile di Assisi. In quell’occasione Francesco, non solo rinunciò a tutti i suoi beni, ma in presenza del vescovo e del popolo restituì al padre anche gli abiti che indossava

San Francesco “dipinto” da Dante

I versi di Dante e le immagini che essi evocano sono quasi degli scomparti d’affresco, che illustrano e accompagnano la storia. Una storia d’amore tra Francesco e la Povertà: un sentimento tutto dantesco, di uomo vivo. La storia di questo amore continua a svolgersi, infatti, con il dinamismo proprio dell’affresco, dove le singole scene si susseguono senza interruzione le une alle altre, su uno sfondo di oro e d’azzurro.

San Tommaso continua spiegando che a Roma, il poverello di Assisi ottiene l’approvazione del proprio ordine prima da Innocenzo III e poi da Onorio III. In seguito, recatosi in Oriente, Francesco cerca di diffondere in quelle terre la parola di Cristo, ma fallito questo tentativo, deve tornare in Italia. Ed ecco che qui, proprio sul monte della Verna, riceve, due anni prima di morire, le sacre stimmate.

Nel 1224 Francesco, mentre si trovava sulla Verna, per un periodo di solitudine e penitenza, ricevette direttamente da Cristo l’ultimo riconoscimento, il più grande, della sua missione. Di nuovo il poeta ci dona un bellissimo schizzo panoramico: nel crudo sasso intra Tevero e Arno (v. 106). I luoghi qui citati da Dante ci appaiono oggi sicuramente diversi da come dovevano essere agli inizi del Trecento. Nel 1213 il Conte Cattani, signore di Chiusi della Verna, donò il Sacro Monte a San Francesco d’Assisi cosicché questi vi erigesse un convento. Oggi il Santuario si trova immerso nella cornice naturale della splendida faggeta secolare, in un luogo di pace e meditazione.

Ma torniamo alla Commedia e concludiamo la narrazione di San Tommaso, fino al momento in cui Francesco muore sulla nuda terra, raccomandando madonna Povertà ai suoi seguaci ed eredi:

Quando a colui ch’a tanto ben sortillo 
piacque di trarlo suso a la mercede 
ch’el meritò nel suo farsi pusillo,

a’ frati suoi, sì com’a giuste rede, 
raccomandò la donna sua più cara, 
e comandò che l’amassero a fede;

e del suo grembo l’anima preclara 
mover si volle, tornando al suo regno, 
e al suo corpo non volle altra bara (vv. 109-117).

Verso l’iconografia francescana di Cimabue e Giotto

Con la narrazione delle vita di San Francesco, accompagnata da descrizioni paesistiche dettagliate, naturalistiche, che si appoggiano a dati concreti, Dante diventa, potremmo dire, il capostipite di una iconografia del Santo e delle sue storie, che troverà una traduzione figurativa di ineguagliabile livello nelle creazioni di Cimabue e Giotto. Ma questa è un’altra storia, di cui vi parleremo sicuramente, ma nei prossimi giorni. Adesso vi lasciamo con una carrellata di splendide immagini, tutte da gustare con occhi pieni di ammirazione.

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Cimabue, Madonna in trono con Angeli e Santi, particolare della figura di San Francesco, 1278-1280 ca, affresco, Assisi, Basilica Inferiore di San Francesco.

Giotto, San Francesco dona il mantello al cavaliere povero, 1297-1299, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco.

Giotto, San Francesco rinuncia ai beni terreni, 1325-1328, affresco, Firenze, Basilica di Santa Croce, Cappella Bardi.

Giotto, Il pontefice Innocenzo III approva la regola francescana, 1297-1299, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco.

Giotto, San Francesco presenta la regola al pontefice Onorio III, part., 1325-1328, affresco, Firenze, Basilica di Santa Croce, Cappella Bardi.

Giotto, Morte di San Francesco, part., 1325-1328, affresco, Firenze, Basilica di Santa Croce, Cappella Bardi.

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Bibliografia e sitografia

Dante Alighieri, La Divina Commedia, con prefazione di Giuseppe Ungaretti, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1965
I luoghi di Dante, sito web Il bel Casentino, https://www.ilbelcasentino.it/luoghi-dante-seq.php?idimg=7816
Chiusi della Verna, sito web Le Vie di Dante, https://www.viedidante.it/citta/chiusidellaverna/

Fonte immagini.

Matelda si racconta… – Parte 1

Sono la più enigmatica delle Donne della Commedia. Su di me è stato scritto di tutto. Donna reale, simbolo, allegoria. Non vi prometto di rivelarvi la mia identità, ma vi lascerò alcuni indizi. Dante ha voluto che restassi inaccessibile ai molti, e svelata solo ai pochi.

La custode del Paradiso Terrestre

Quando il Poeta mi raggiunge nel Paradiso Terrestre, ha già attraversato la voragine infernale e scalato la montagna del Purgatorio. Ha vinto gli istinti e riconquistato il libero arbitrio.  Egli entra nell’“antica selva”. Scopre l’Eden nella sua armonia perfetta. Gli uccelli accolgono l’alba intonando il loro canto. La luce del nuovo sole è temperata dagli alberi. Le fronde dolcemente oscillano, mosse da una brezza soave. Erbette, fiori e arboscelli profumano l’aria e colorano i prati. Dante si inoltra nella foresta tanto da non riuscire più a vedere da che parte è entrato. Prosegue e giunge ad un fiume dalle limpidissime onde. Fermatosi, spinge lo sguardo all’altra riva e mi vede. Lo stavo aspettando. 

Matelda e Dante si incontrano

Appena Dante mi vede, il suo volto è incantato dalla meraviglia. Come donna innamorata canto e percorro a lenti passi la riva del fiume. La fine del viaggio in Purgatorio è quasi giunta, ma eventi prodigiosi accadono: prima l’arrivo della processione mistica intorno al carro allegorico trainato dal grifone, poi finalmente l’apparizione di Beatrice. Tutta la potenza dell’antico amore promana dal cuore di Dante. Sopraffatto, il Poeta cerca Virgilio, ma non lo trova più al suo fianco. Alle lacrime per la scomparsa della guida si aggiunge il dolore all’aspro rimprovero di Beatrice, per essersi allontanato dalla dritta via dopo la morte di lei.

Dante prova un rimorso così profondo che perde i sensi e cade svenuto. Quando ritorna in sé, si trova immerso fino alla gola nel fiume Letè. Sono proprio io a sorreggerlo, cingendogli con le braccia la testa e poi tuffandolo sott’acqua. Questo è il compito che devo svolgere, concludendo il percorso delle anime del Purgatorio iniziato con la confessione e la salita attraverso le cornici del monte, sette come i peccati capitali.

Già purificate con il rito del fuoco, le anime necessitano di un’ultima purificazione: l’immersione nel Letè, il fiume che cancella il ricordo dei peccati. Eseguendo gli ordini di Beatrice, accompagno Dante a bere le acque del sacro fiume Eunoè. A quel punto Dante è pronto per salire in Paradiso e con questi celebri versi chiude la cantica del Purgatorio: «rifatto sì come piante novelle / rinovellate di novella fronda / puro e disposto a salir le stelle».

Matelda come Proserpina

È venuto il momento di aggiungere un’altra tessera al mosaico della mia storia. Userò le parole che Dante mi rivolge: “Tu mi fai rimembrar Proserpina nel tempo che perdette la madre lei, ed ella primavera” (Purgatorio XXVIII, vv. 50-51). Ma cosa lo colpisce tanto da rievocare il mito antico della vergine Proserpina, figlia di Cerere, dea della fertilità e dei raccolti? So bene che Dante ammira le Metamorfosi di Ovidio, poeta latino che Dante tanto ammira, descrivono una situazione che avete già letto quando ho iniziato il mio racconto: anche la giovane Proserpina si trova presso un luogo d’acqua – il lago Pergusa – non lontano da Enna, e «un bosco fa da corona alle sue acque e d’ogni lato cinge velando con le fronde le vampe del sole. I rami donano frescura, fiori di vari colori sorgono dall’umida terra: è primavera eterna. In questo bosco gioca Proserpina e coglie viole o candidi gigli e a gara con le sue compagne riempie i canestri e i lembi della veste con gioia di fanciulla». Ecco, la mia condizione è quella di Proserpina prima di essere rapita dal dio degli inferi Plutone.

Il mito

Ovidio così prosegue: «Plutone la vide e subito arse d’amore e la rapì: tanto violenta irruppe la passione». Proserpina è terrorizzata e grida il nome della madre mentre il dio la trascina sotto terra. Tanto candida è la giovane creatura che si addolora che le siano caduti i fiori raccolti nel lembo della tunica. Intanto Cerere, angosciata, cerca invano la figlia per terra e per mare. Il dolore della dea non lascia più germogliare i semi: privati dei frutti della terra, gli uomini sono condannati alla fame. Cerere scopre infine che Proserpina è diventata la «suprema signora del mondo tenebroso, potente sposa del re dell’Averno». E così raggiunge Giove, padre di Proserpina e lo convince a far tornare la figlia nel mondo della luce. Tuttavia, l’ingenua fanciulla, inconsapevole della legge che lega agli inferi chi si pasce del cibo dei morti, aveva già mangiato sette chicchi di melograno. Sarà condannata per sempre al mondo sotterraneo. Giove interviene nella contesa e divide il corso dell’anno in due parti uguali: per sei mesi Proserpina starà con la madre e per sei mesi convivrà con lo sposo. Sulla terra avrà così inizio il ciclo delle stagioni

Tra canti, fiori e profumi…

Il racconto dell’incontro tra me e Dante sulla riva del fiume è riportato con la grazia dello stil novo. «Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore / ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti / che soglion esser testimon del core, / vegnati in voglia di trarreti avanti». Vedendomi cantare e cogliere fiori, muovendomi a passo di danza, Dante mi prega di avvicinarmi per sentire le parole del mio canto. Con mosse leggiadre lo raggiungo e alzo lo sguardo. Il poeta ammira incantato i miei occhi, lucenti come quelli di Venere.

Gli rivelo la mia bellezza con dolce sorriso, mentre le mani intrecciano ghirlande coi fiori appena raccolti.  Ora mi premuro di raccontare la mia letizia a Dante – e a Virgilio e Stazio che lo hanno raggiunto – con il salmo Delectasti, un inno di lode a Dio per le bellezze del Creato. Illustro le leggi che governano i fenomeni naturali nel Paradiso Terrestre, come l’origine astrale della brezza che culla la foresta. Quanto ai corsi d’acqua – il fiume Letè che cancella la memoria dei peccati commessi, e l’Eunoè che rafforza il ricordo del bene compiuto – rivelo che sgorgano da una sorgente perenne che scaturisce per volere divino. Gli antichi poeti che cantarono il Parnaso e la mitica età dell’oro ebbero la visione di questo luogo in cui l’uomo fu felice, dove regna un’eterna primavera. Adesso è chiaro perché io son colei che è lieta, come il mio nome, letto al contrario, rivela.

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Bibliografia

Dante Alighieri, Purgatorio, a cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Grassina, [Bagno a Ripoli], Le Monnier, 2002
Persefone. Variazioni sul mito, a cura di Roberto Deidier, Venezia, Marsilio, 2010
Gianni Vacchelli, Dante e l’iniziazione femminile. Beatrice, Maria e altre “dee”, Alzano Lombardo, Lemma Press, 2020
Marco Santagata, Le donne di Dante, Bologna, Il Mulino, 2021
Edi Minguzzi, Il dizionarietto dantesco: le parole ermetiche della Divina Commedia, Brescia, Scholé, 2021

Sitografia

Nel labirinto della commedia, Le Gemme nel cielo di Venere, https://nellabirintodellacommedia.wordpress.com/

Immagini

  1. Illustrazione del Purgatorio di Massimo Tosi;
  2. Nicolò Barabino, Dante incontra Matelda, 1876 – 1877;
  3. Matelda a Dante, particolare di Ezio Anichini;
  4. Sandro Botticelli, Primavera, 1478-1482;
  5. Dante Gabriel Rossetti, Proserpina, 1855 circa.

Francesca si racconta… – Parte 1

Sono Francesca, forse la donna più famosa della Divina Commedia. Molti mi conoscono come Francesca da Rimini ma non è quella la mia città: Rimini è il luogo dove trovai l’amore e la morte. Io fui nataa Ravenna, dove il delta del grande fiume Po sfocia nel Mar Adriatico. Dante non poteva saperlo mentre scriveva il suo capolavoro ma proprio lì, su la marina dove ‘l Po discende, contrasse la malaria e incontrò la morte nella mia città natale nel settembre del 1321, proprio mentre era ospite di un mio discendente, Guido Novello da Polenta.

Guido il Vecchio decise la sorte della figlia

Mio padre era Guido da Polenta detto Guido il Vecchio, signore di Ravenna. La mia città natale si trovava spesso in rivalità con la città di Rimini così mio padre si accordò con Malatesta da Verrucchio, signore della città, per sancire la pace tra le due signorie attraverso un prestigioso matrimonio: io, la giovane Francesca da Polenta, avrei sposato il primogenito di Malatesta. Quando siglarono il patto ero solo una bambina e ovviamente nessuno chiese il mio parere a riguardo: i matrimoni d’amore non erano contemplati per i nobili, erano solo contratti per favorire alleanze politiche ed economiche.
Forse mio padre sperava che col tempo avrei imparato a voler bene a mio marito, chissà… Di certo non sapeva di aver firmato la mia condanna a morte.

Fonte immagini: Wikipedia.

Vittima di un inganno

Quando venne celebrato il matrimonio avevo solo 15 anni e non avevo idea di chi fosse il mio sposo. Arrivata in chiesa vidi un uomo bellissimo attendermi all’altare: Paolo Malatesta “il Bello”. Me ne innamorai perdutamente, credetti di essere stata baciata dalla fortuna, pensavo che il mio sarebbe stato un matrimonio felice.
Soltanto dopo scoprii di essere stata ingannata: egli era solo il procuratore matrimoniale del fratello maggiore Giovanni, detto Gianciotto (Johannes Zoctus, ovvero Giovanni lo zoppo), un uomo molto più anziano di me, dall’aspetto sgraziato e dai modi rozzi. Ed io, convinta di sposare Paolo, mi ritrovai mio malgrado ad essere la sventurata moglie di Gianciotto.
Ero disperata ma non avevo scelta, la mia sorte fu decisa da altri senza possibilità di replica. Amare Gianciotto era per me impossibile. Gli diedi anche una figlia, Concordia, ma il mio amore a prima vista per Paolo non si spense mai. Finché un giorno…

Galeotto fu… e più non leggemmo avante

Dante Gabriel Rossetti, Paolo e Francesca da Rimini (1862).

Io e Paolo ci trovavamo nel bellissimo castello di Gradara, dove spesso ci intrattenevamo discutendo di letteratura cortese.
Un giorno eravamo intenti a leggere il Lancelot, un romanzo cavalleresco in lingua francese. Si narrava di come Ginevra, la moglie di re Artù, si fosse invaghita di Lancillotto, il più valoroso dei cavalieri della Tavola Rotonda, proprio al servizio di re Artù.
I due si incontrarono in un boschetto grazie a Galahaut, un amico di Lancillotto, che fece da intermediario e favorì il loro amore.
Per noi galeotto fu il libro e chi lo scrisse: leggendo quel romanzo, arrivati al momento del bacio tra Lancillotto e Ginevra, Paolo prese coraggio e, tutto tremante, mi baciò sulla bocca. E così, quel giorno più non vi leggemmo avante. Mai più.

Amor condusse noi ad una morte…

Soli eravamo e sanza alcun sospetto, o almeno così credevamo. In realtà eravamo spiati dal fratello minore, Malatestino, che corse ad avvertire mio marito del tradimento. Gianciotto sguainò la spada e con un sol colpo finì entrambi.
Amor condusse noi ad una morte, anche dell’anima facendoci finire all’Inferno non avendo provato pentimento per il nostro amore sincero.
Da allora siamo costretti vagare insieme per l’eternità, sospinti dalla tempesta che travolge i lussuriosi come noi, che in vita si erano fatti travolgere dalla passione.

Altro destino quello di Gianciotto

Gianciotto, invece, era atteso nelle profondità dell’Inferno, nel Cocito, il lago ghiacciato in cui è intrappolato Lucifero in persona. Precisamente nella Caina, dove sono puniti i traditori dei parenti, un peccato molto più grave della nostra semplice lussuria.
Fu all’Inferno che incontrammo Dante che provò pietà per questa vicenda dove amore e morte si intrecciano indissolubilmente. E cadde come corpo morto cade.

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Bibliografia e sitografia:

M. Santagata, Le donne di Dante, 2021
A. Cazzullo, A riveder le stelle, 2020
Web Gallery of Art https://www.wga.hu/html_m/i/ingres/07ingres.html




Beatrice si racconta… – Parte 1

Ancora oggi sulle pareti esterne che danno sull’attuale via del Corso, di quella che è stata la mia casa da fanciulla, da ragazza, si può ammirare lo stemma della mia famiglia, i Portinari, e la celebre terzina attraverso cui Dante ha descritto la mia apparizione nel Purgatorio.

Vita medievale

Il nostro palazzo si trovava nel cuore del quartiere di San Pier Maggiore, dove abitavano le famiglie magnatizie  di Firenze. E anche se non erano magnatizie, erano comunque molto influenti: oltre a noi Portinari, avevano case nel quartiere anche i Cerchi, i Donati… 
Le famiglie rivali vivevano gomito a gomito: divise dalle lotte politiche, ma unite nel quartiere. Vivevano vicini a noi anche gli Alighieri. Era un quartiere piuttosto movimentato il nostro! Ma le giovani come me non potevano uscire: venivamo preparate a diventare donne di casa e lì dovevamo stare. Attendevamo, allora, con gioia l’unico momento in cui ci era permesso di uscire per strada: era il giorno di festa, si andava in chiesa! 
Nell’attesa, ogni tanto mi affacciavo a una delle finestre: quante volte  ho visto passare il giovane Dante… assorto nei suoi pensieri poetici, camminava per strada… E lui avrà mai rivolto lo sguardo alla mia finestra per ammirare i miei occhi?

Il padre di Beatrice

Mio padre era Folco Portinari. Egli rivestì cariche pubbliche importanti: fu, infatti, più volte priore, ma soprattutto fu grazie alla sua generosità che fu possibile la fondazione dell’ospedale di Santa Maria Nuova, l’ospedale del centro di Firenze. La mia inseparabile nutrice, Monna Tessa, ispirò mio padre nel finanziare la costruzione. La cara donna è ricordata, anzi venerata,  come la madre delle Oblate ospedalinghe, cioè di quelle donne che si offrono e santificano nell’assistenza dei malati.

Dante e Beatrice si incontrano

Il primo incontro tra me e Dante avvenne quando avevamo solo nove anni. Mio padre aveva organizzato una festa, nel giorno di Calendimaggio. Erano invitati tutti i rappresentanti delle famiglie più importanti del quartiere. Le donne non potevano partecipare a questa feste, ma gli uomini potevano portare con sé i figli e anche le figlie. Così potetti partecipare anche io. In mezzo alla gente, ai mille colori dei vestiti, in mezzo alla musica e al chiacchiericcio, Dante vide me e il mio vestito rosso. Fu amore a prima vista. E lui si bloccò, non parlava non si muoveva, solamente tremava. Erano i segni dell’amore...

La Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi

Ma chissà quante altre volte ci saremo incontrati Dante ed io a messa, proprio nella Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, che fu sotto il patronato di famiglie importanti, come i Cerchi, di cui ancora oggi porta il nome, ma anche dei Donati e degli Adimari. 
Si tratta di una chiesa molto antica, ricordata per la prima volta addirittura nel 1032 che ci mostra ancora oggi quello che fu lo stile romanico in architettura. Nonostante il nome con cui è conosciuta oggi, essa in realtà è dedicata a Santa Margherita di Antiochia. Margherita, la Santa che, dopo aver rifiutato di diventare la concubina del prefetto Olibrio, venne tormentata dal Demonio che le apparve sotto forma di orribile dragone, per poi morire martire ad Antiochia nel IV secolo d.C.

La nostra Beatrice nella Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi durante il tour Il quartiere di Dante con le Donne della Commedia.

Questo luogo mi è così caro per vari motivi, primo fra tutti perché fu la chiesa dove mi recavo a messa durante gli anni della mia giovinezza, poi perché qui troviamo il calco della sepoltura della mia inseparabile nutrice, Monna Tessa. E ancora, in Santa Margherita de’ Cerchi è stato celebrato il mio matrimonio con Simone de’ Bardi. Oggi, però, essa è chiamata la chiesa di Dante e Beatrice, la chiesa degli innamorati. Gli innamorati di tutto il mondo, infatti, si recano proprio in questa chiesa per lasciare dei biglietti, dei messaggi. Li lasciano in una cesta, vicino alla placca commemorativa posta in mio onore e chiedono che anche il loro amore diventi così straordinario come quello che Dante ha provato per me. Un amore così intenso che gli ha permesso di scrivere cose che nessun uomo aveva mai scritto per nessuna donna.

Beatrice de’ Bardi

Vi ho raccontato tante cose, ma ancora non vi ho parlato di ciò che è stata la mia vita dopo il mio matrimonio con Simone de’ Bardi, il cavaliere Simone de’ Bardi. Con tale unione, il mio prudente padre Folco aveva cercato di legarsi ai Bardi, acerrimi donateschi. E io entravo, così, a far parte della più aristocratica élite di Firenze.
Dopo il matrimonio mi trasferii nella dimora di mio marito, Oltrarno, ai piedi della collina di San Miniato. Lì vicino c’era, e c’è tutt’oggi, una piccola chiesa, detta Santa Lucia dei Magnoli. Lucia è la Santa protettrice di tutti coloro che hanno disturbi alla vista, di cui soffriva anche Dante. Mi sono sempre chiesta se fosse un segno di ringraziamento nei confronti di Santa Lucia il fatto che Dante la elevi, nella sua Commedia, a ruolo di intermediaria tra la Vergine Maria e me, oppure che non sia stato un omaggio proprio a me, che nella chiesa dedicata alla Santa avevo pregato più volte. Chissà se mai troverò una risposta a questa mia domanda. Sta di fatto che proprio in quegli anni, precisamente 9 anni dopo il nostro primo incontro, lo sguardo di Dante incontrò nuovamente i miei occhi. Anche in quella occasione tutta la forza del sentimento che Dante provava per me, si espresse con i soliti segni dell’amore: quando lo chiamai per nome, rimase bloccato, tremava e non riuscì neanche a ricambiare il saluto…

Henry Holiday, Dante e Beatrice, 1884. Fonte: Wikipedia

Ma troppo grande, ormai, era la distanza tra la mia posizione sociale e quella di Dante, rampollo di una famiglia di status così mediocre che, dal 1282 (anno di istituzione del priorato) al 1300, ha espresso un solo priore, Dante appunto. Mio marito, invece, ha ricoperto, in varie città, cariche pubbliche di prestigio: capitano del popolo a Orvieto, podestà a Volterra, capitano del popolo a Prato… Probabilmente lì, a Prato appunto, egli si trovava quando io, nel 1290, passavo dalla vita terrena a quella eterna

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Bibliografia e sitografia

Bargellini P., La splendida storia di Firenze. Da Giulio Cesare a Dante, Vol. 1, Firenze, Vallecchi, 1980
Barducci M., Gaggini F., a cura di, Le Oblate di Firenze: 700 anni al servizio del corpo e della mente, Comune di Firenze Assessorato alla Cultura, Firenze, Il Bandino, 2008
Santagata M., Come donna innamorata, Guanda editore, 2015
Santagata M., Dante. Il romanzo della sua vita, Milano, Mondadori, 2020
Catalogo Fondazione Zeri, http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/ 
Sito web del Gruppo Archeologico Fiorentino, http://gruppoarcheologicofiorentino.blogspot.com/2015/07/chiesa-di-santa-margherita-dei-cerchi-e.html?m=1 
I luoghi della fede, a cura di Regione Toscana, Giunta Regionale, http://web.rete.toscana.it/Fede/ricerca.jsp?lingua=italiano 
Repertorio delle Architetture Civili di Firenze a cura di Claudio Paolini, http://www.palazzospinelli.org/architetture/scheda.asp?ID=354
Sotto la Polvere del Tempo, Blog del Gruppo Archeologico Fiorentino, http://gruppoarcheologicofiorentino.blogspot.com/

Immagini

1. Sopra lo stemma della famiglia dei Portinari, sotto la lapide dantesca in cui il Poeta, nella Divina Commedia, racconta di Beatrice. Fonte: Wikipedia.
2. Antica facciata dell’ospedale prima del completamento del loggiato; dipinto di Fabio Borbottoni, 1820-1902. Fonte: Wikipedia.