Il cenotafio di Dante in Santa Croce – Firenze

Il cenotafio di Dante rappresenta il primo riconoscimento ufficiale della città di Firenze al poeta morto in esilio e sepolto a Ravenna. Inaugurato nel 1830, il monumento immortala Dante vestito all’antica e con una corona di alloro, seduto in posizione sopraelevata al centro della composizione, con il braccio poggiato su un libro.

La Statua

I tratti spigolosi e il naso aquilino confermano l’attestarsi del canone ritrattistico già inaugurato dal Boccaccio. Due figure femminili piangono il Poeta: a sinistra l’Italia in piedi con la corona turrita, a destra la Poesia adagiata sulla tomba. Quest’ultima tiene nelle mani una corona d’alloro e un volume con incisi i versi della Divina Commedia «io mi son un che quando amore m(i) spira, noto» (Purgatorio XXIV). Curiosamente, questi celebri versi sono pronunciati poco dopo l’incontro di Dante con Forese, durante il quale avevano parlato della sorella Piccarda. Dante viene riconosciuto da Bonagiunta come l’autore della canzone Donne ch’avete intelletto d’amore, cui risponde con i celebri versi riportati nella statua, che parafrasati significano “quando Amore mi ispira [i versi], li scrivo”. Dante vuole sottolineare che l’ispirazione nasce dall’anima e non dalle regole imposte dalle scuole di poesia, rimarcando così la distanza tra lo stilnovo e la lirica provenzale cui Bonagiunta si era ispirato.

Storia del cenotafio

Tornando alla storia del cenotafio, dell’esecuzione venne incaricato Stefano Ricci, scultore toscano tra i più importanti dell’epoca, già attivo in Santa Croce. L’opera, assai imponente e impegnativa dal punto di vista tecnico, richiese oltre dieci anni di progetti e tentativi (1818-1829), per essere inaugurata il 24 marzo 1830. Il risultato divise il pubblico, suscitando consensi – come l’ammirazione dello scultore Berthel Thorvaldsen per gli evidenti richiami allo stile di Canova, modello indiscusso per Ricci –, ma anche critiche accese tra coloro che avrebbero voluto un linguaggio più aderente alle correnti romantiche e neomedievali del tempo. 

La Basilica di Santa Croce come il Pantheon degli italiani illustri

Il cenotafio di Dante Alighieri non è un’opera isolata, ma è parte di una lunga storia di monumenti e sepolture di uomini eccellenti nella basilica di Santa Croce. Nel Medioevo furono installate delle tombe pavimentali – tipologia ricordata per contrappasso da Dante nella cornice dei superbi (Purgatorio, XII, 16-19) – riservate ai Francescani che rivestivano un ruolo nell’Ordine, ma anche ai membri delle più potenti famiglie del quartiere e ai grandi condottieri. Nel ‘400 i monumenti sepolcrali degli umanisti Leonardo Bruni e Carlo Marsuppini inaugurarono una nuova tipologia di sepoltura, che avrà grande fortuna per tutto il Rinascimento.  

Santa Croce divenne la famosa e celebrata custodia delle glorie fiorentine grazie alle sepolture di uomini illustri come Michelangelo, Galileo, Machiavelli. Ad alimentare questa tradizione contribuirono celebri versi di poeti romantici come Stendhal a Byron, ma anche del nostro Ugo Foscolo: «Ma più beata ché in un tempio accolte / Serbi l’itale glorie» (Dei Sepolcri, 1807).

Secondo Foscolo, per le memorie conservate, la basilica doveva diventare il luogo da consacrare ai grandi, dalle cui virtù si doveva trarre ispirazione. Da quel momento, Santa Croce andò effettivamente a costituire una sorta di Pantheon degli italiani. Il Monumento a Vittorio Alfieri di Canova, ultimato nel 1810, segnò l’inizio di questa tradizione. Il cenotafio di Dante rientra anch’esso nella concezione foscoliana e fu infatti realizzato grazie a una sottoscrizione pubblica firmata da alcuni degli intellettuali più in vista della cultura artistica fiorentina del tempo. L’iniziativa suscitò grande consenso, e lo stesso Giacomo Leopardi, per manifestare il proprio entusiasmo, compose nel 1818 la celebre canzone Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze

Del resto, all’inizio dell’800, grandi scrittori e poeti italiani passavano da Firenze: la città diventò uno dei grandi miti poetici del citato Ugo Foscolo, come luogo che accomuna tutte le patrie, nel nome dei grandi spiriti passati. Il poeta, che per un periodo visse nella splendida villa dell’Ombrellino presso il colle di Bellosguardo, definì Firenze e la Toscana «terre beate» dove eran «nate le muse». Foscolo, che, come detto, celebrerà la basilica di Santa Croce nei Sepolcri, frequentò a lungo la città e i suoi circoli culturali. Alla sua memoria verrà dedicato un monumento in Santa Croce, anche se solo dal 1938.

Dante, Manzoni e la lingua italiana

A Firenze ebbe anche luogo l’incontro tra Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi, in una memorabile serata – era il 3 settembre 1827 – al Gabinetto Vieusseux, circolo culturale e punto d’incontro per intellettuali di tutta Europa. Fra i due non correva altissima stima e l’incontro fu piuttosto freddo, con il poeta di Recanati che si tenne in disparte per tutto il tempo. Gli onori furono tutti per Manzoni, venuto a Firenze a «sciacquare i panni in Arno», cioè a rivedere su bocche toscane la lingua dei suoi Promessi Sposi

La sosta a Firenze di Manzoni sarà fondamentale per proporre, dopo l’Unità d’Italia, il fiorentino come lingua della nazione; quella lingua di cui proprio in Dante si può riconoscere esserne stato l’indiscusso padre. 

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Bibliografia:

Dante Alighieri, Purgatorio, a cura di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, Grassina, [Bagno a Ripoli], Le Monnier, 2002

Timothy Verdon (a cura di), Alla riscoperta delle chiese di Firenze, vol. 3: Santa Croce, Firenze, Centro Di, 2004

Touring Club Italiano, Firenze e provincia, Milano, Touring Editore, 2005

Sitografia:

www.santacroceopera.it