Nella giornata di ieri, martedì 8 marzo, abbiamo festeggiato la Giornata Internazionale della Donna offrendo due tour per il quartiere dantesco a Firenze.
Le guide tre donne meravigliose che hanno allietato la vita di Dante Alighieri: Beatrice Portinari (Caterina Zaru), la sua dolce musa, Tana (Elena Petrioli), sua sorella, e Matelda (Elisa Paoli), la bellissima custode del Paradiso Terrestre che purifica il poeta per prepararlo alla sua ascesa al Paradiso. Tre donne che hanno raccontato la storia del Sommo, le diatribe della città del Giglio, nonché le sue opere, con particolare attenzione alla più importante di tutte: la Divina Commedia. In compagnia di queste donne, anche Dante stesso, interpretato da Riccardo Starnotti, studioso del Sommo e creatore della neonata piattaforma Dantefix per conoscere al meglio il “ghibellin fiuggiasco“.
In attesa dei prossimi eventi de Le Donne della Commedia (che – vi assicuriamo – ci saranno!), qualche scatto della giornata di ieri:
Grazie a tutti e a tutte le partecipanti! Speriamo di rivedervi presto!
Ancora oggi sulle pareti esterne che danno sull’attuale via del Corso, di quella che è stata la mia casa da fanciulla, da ragazza, si può ammirare lo stemma della mia famiglia, i Portinari, e la celebre terzina attraverso cui Dante ha descritto la mia apparizione nel Purgatorio.
Vita medievale
Il nostro palazzo si trovava nel cuore del quartiere di San Pier Maggiore, dove abitavano le famiglie magnatizie di Firenze. E anche se non erano magnatizie, erano comunque molto influenti: oltre a noi Portinari, avevano case nel quartiere anche i Cerchi, i Donati… Le famiglie rivali vivevano gomito a gomito: divise dalle lotte politiche, ma unite nel quartiere. Vivevano vicini a noi anche gli Alighieri. Era un quartiere piuttosto movimentato il nostro! Ma le giovani come me non potevano uscire: venivamo preparate a diventare donne di casa e lì dovevamo stare. Attendevamo, allora, con gioia l’unico momento in cui ci era permesso di uscire per strada: era il giorno di festa, si andava in chiesa! Nell’attesa, ogni tanto mi affacciavo a una delle finestre: quante volte ho visto passare il giovane Dante… assorto nei suoi pensieri poetici, camminava per strada… E lui avrà mai rivolto lo sguardo alla mia finestra per ammirare i miei occhi?
Il padre di Beatrice
Mio padre era Folco Portinari. Egli rivestì cariche pubbliche importanti: fu, infatti, più volte priore, ma soprattutto fu grazie alla sua generosità che fu possibile la fondazione dell’ospedale di Santa Maria Nuova, l’ospedale del centro di Firenze. La mia inseparabile nutrice, Monna Tessa, ispirò mio padre nel finanziare la costruzione. La cara donna è ricordata, anzi venerata, come la madre delle Oblate ospedalinghe, cioè di quelle donne che si offrono e santificano nell’assistenza dei malati.
Dante e Beatrice si incontrano
Il primo incontro tra me e Dante avvenne quando avevamo solo nove anni. Mio padre aveva organizzato una festa, nel giorno di Calendimaggio. Erano invitati tutti i rappresentanti delle famiglie più importanti del quartiere. Le donne non potevano partecipare a questa feste, ma gli uomini potevano portare con sé i figli e anche le figlie. Così potetti partecipare anche io. In mezzo alla gente, ai mille colori dei vestiti, in mezzo alla musica e al chiacchiericcio, Dante vide me e il mio vestito rosso. Fu amore a prima vista. E lui si bloccò, non parlava non si muoveva, solamente tremava. Erano i segni dell’amore...
La Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi
Ma chissà quante altre volte ci saremo incontrati Dante ed io a messa, proprio nella Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, che fu sotto il patronato di famiglie importanti, come i Cerchi, di cui ancora oggi porta il nome, ma anche dei Donati e degli Adimari. Si tratta di una chiesa molto antica, ricordata per la prima volta addirittura nel 1032 che ci mostra ancora oggi quello che fu lo stile romanico in architettura. Nonostante il nome con cui è conosciuta oggi, essa in realtà è dedicata a Santa Margherita di Antiochia. Margherita, la Santa che, dopo aver rifiutato di diventare la concubina del prefetto Olibrio, venne tormentata dal Demonio che le apparve sotto forma di orribile dragone, per poi morire martire ad Antiochia nel IV secolo d.C.
Questo luogo mi è così caro per vari motivi, primo fra tutti perché fu la chiesa dove mi recavo a messa durante gli anni della mia giovinezza, poi perché qui troviamo il calco della sepoltura della mia inseparabile nutrice, Monna Tessa. E ancora, in Santa Margherita de’ Cerchi è stato celebrato il mio matrimonio con Simone de’ Bardi. Oggi, però, essa è chiamata la chiesa di Dante e Beatrice, la chiesa degli innamorati. Gli innamorati di tutto il mondo, infatti, si recano proprio in questa chiesa per lasciare dei biglietti, dei messaggi. Li lasciano in una cesta, vicino alla placca commemorativa posta in mio onore e chiedono che anche il loro amore diventi così straordinario come quello che Dante ha provato per me. Un amore così intenso che gli ha permesso di scrivere cose che nessun uomo aveva mai scritto per nessuna donna.
Beatrice de’ Bardi
Vi ho raccontato tante cose, ma ancora non vi ho parlato di ciò che è stata la mia vita dopo il mio matrimonio con Simone de’ Bardi, il cavaliere Simone de’ Bardi. Con tale unione, il mio prudente padre Folco aveva cercato di legarsi ai Bardi, acerrimi donateschi. E io entravo, così, a far parte della più aristocratica élite di Firenze. Dopo il matrimonio mi trasferii nella dimora di mio marito, Oltrarno, ai piedi della collina di San Miniato. Lì vicino c’era, e c’è tutt’oggi, una piccola chiesa, detta Santa Lucia dei Magnoli. Lucia è la Santa protettrice di tutti coloro che hanno disturbi alla vista, di cui soffriva anche Dante. Mi sono sempre chiesta se fosse un segno di ringraziamento nei confronti di Santa Lucia il fatto che Dante la elevi, nella sua Commedia, a ruolo di intermediaria tra la Vergine Maria e me, oppure che non sia stato un omaggio proprio a me, che nella chiesa dedicata alla Santa avevo pregato più volte. Chissà se mai troverò una risposta a questa mia domanda. Sta di fatto che proprio in quegli anni, precisamente 9 anni dopo il nostro primo incontro, lo sguardo di Dante incontrò nuovamente i miei occhi. Anche in quella occasione tutta la forza del sentimento che Dante provava per me, si espresse con i soliti segni dell’amore: quando lo chiamai per nome, rimase bloccato, tremava e non riuscì neanche a ricambiare il saluto…
Henry Holiday, Dante e Beatrice, 1884. Fonte: Wikipedia
Ma troppo grande, ormai, era la distanza tra la mia posizione sociale e quella di Dante, rampollo di una famiglia di status così mediocre che, dal 1282 (anno di istituzione del priorato) al 1300, ha espresso un solo priore, Dante appunto. Mio marito, invece, ha ricoperto, in varie città, cariche pubbliche di prestigio: capitano del popolo a Orvieto, podestà a Volterra, capitano del popolo a Prato… Probabilmente lì, a Prato appunto, egli si trovava quando io, nel 1290, passavo dalla vita terrena a quella eterna…
1. Sopra lo stemma della famiglia dei Portinari, sotto la lapide dantesca in cui il Poeta, nella Divina Commedia, racconta di Beatrice. Fonte: Wikipedia. 2. Antica facciata dell’ospedale prima del completamento del loggiato; dipinto di Fabio Borbottoni, 1820-1902. Fonte: Wikipedia.