San Giovanni tra inganni e Commedia

Oggi, 24 giugno, come ogni anno a Firenze (e non solo! Sono tantissime le città e i paesi legati a quest’uomo) festeggiamo San Giovanni Battista, patrono della città. Ma perché proprio lui?

La storia di Giovanni Battista

Giovanni, nato per miracolo da madre sterile a seguito dell’annuncio dell’arcangelo Gabriele, fu l’ultimo profeta dell’Antico Testamento. Egli condusse parte della sua vita profetizzando la venuta del Cristo esortando alla conversione e alla penitenza coloro che si erano macchiati di peccato per essere, quindi, in grado di accogliere la nuova vita. L’uomo usava battezzare nelle acque del Giordano tutti coloro che seguivano la sua parola e se molti già consideravano egli stesso il Messia, lui sapeva di essere solo il Precursore. Fu proprio Giovanni, infatti, a battezzare Gesù in persona, portando così a termine la sua grande missione. Purtroppo però, l’uomo si inimicò il re d’Israele, Erode, poiché ne criticava la condotta peccaminosa. La moglie del re, Erodiade, convinse il marito a incarcerare Giovanni, ma Erode non voleva ucciderlo, lo temeva e in qualche modo lo stimava per la sua vita retta e pacifica. La donna, che non si dette per vinta, durante un banchetto fece danzare la figlia ed Erode, per premiarne la bravura, le disse “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”. La giovane, su consiglio della madre, rispose “la testa di Battista”. Così fu fatto, Giovanni venne decapitato e la sua testa portata su un vassoio durante la festa. Era il 29 agosto. Così come per la Vergine Maria, per il Santo si celebra non solo la morte, ma anche il dies natalis, ovvero la ricorrenza della nascita terrena, appunto ricordata il 24 giugno.

Battesimo di Cristo di Guido Reni (Kunsthistoriches Museum di Vienna). Fonte Wikipedia.

Il Battistero di Firenze

Il Battistero, intitolato a suo nome, si dice sorgesse su un antico tempio dedicato al dio della guerra Marte, già patrono dell’antica Firenze romana. Con i longobardi (intorno al VI secolo d.C.) si introdusse il culto di San Giovanni, amato per la cura e la chiarezza dei suoi insegnamenti, ma anche per il suo grande coraggio. Già il suo nome ha un significato importante: in ebraico si trova come “Iehóhanan” e significa “Dio è propizio.

Il Battistero di San Giovanni in Piazza Duomo a Firenze.

Firenze in festa

La festa del Santo Patrono da sempre significa gioia e celebrazioni di ogni tipo per la città del Giglio. Solitamente la giornata termina con i “fochi” dal Piazzale Michelangelo, purtroppo però quest’anno – causa Covid19 – il Comune di Firenze ha deciso di annullare la manifestazione.

Questo però non significa che non ci siano altre modalità di festeggiare! Tra gli altri, infatti, alle 18:00 di questo pomeriggio, il Sindaco Dario Nardella consegnerà 10 Fiorini d’oro a coloro che si sono distinti per il loro impegno in ambito civile, sociale, culturale, sportivo e dell’artigianato. I premiati saranno: l’associazione Duccio Dini; Manetti e Battiloro; l’Associazione Niccolò Ciatti; la famiglia Pinzauti; il Comitato minori abbandonati dallo Stato al Forteto; il sindaco di Ravenna Michele de Pascale (per l’impegno nell’aver custodito accuratamente le spoglie di Dante); Mina Gregori; il Banco Alimentare; medici e infermieri che, nonostante la pensione, sono tornati in servizio per effettuare le vaccinazioni Mandela Forum e – last but not least – i Canottieri comunali.  L’evento avrà luogo al Forte Belvedere.

Quale collegamento tra il Santo e il Sommo Poeta?

Innanzitutto, sappiamo che un anno dopo la sua nascita, nel 1266, l’Alighieri venne battezzato proprio nel suo “bel San Giovanni. E qui, anni dopo, come ci racconta nella sua Divina Commedia, salvò un neonato dall’annegamento nella fonte battesimale che ruppe e rimase tale fino alla fine del Cinquecento: «l’un de li quali, ancor non è molt’ anni, / rupp’ io per un che dentro v’annegava» (Inferno XIX, vv. 19-20).

Dante è, quindi, legato fortemente a questo luogo e al suo Santo, e così anche Firenze stessa che, quando nel 1252 la Zecca Fiorentina coniò per la prima volta il Fiorino d’Oro (prima il fiorino era d’argento e, pensate, era dalla caduta dell’Impero Romano che non si creavano monete con il materiale più prezioso di tutti), decise di raffigurare su uno dei due lati proprio la sagoma del Santo con la scritta “S • IOHANNES • B •” (sull’altro lato vi è il simbolo di Firenze, il giglio). Giovanni è raffigurato in piedi, con l’aureola attorno al capo, indossa una tunica lunga fino al ginocchio e un mantello chiuso all’altezza del petto con un bottone. Oggi è considerata una moneta molto rara e il suo valore è molto alto: piò raggiungere addirittura i 1000€.

Avanti e retro del fiorino d’oro. Fonte Monete di valore.

San Giovanni non vuole…

A questo oggetto e alla raffigurazione del Santo vi è legato un famoso detto toscano: San Giovanni non vuole inganni! Il Fiorino d’oro, fin da subito, divenne la moneta più diffusa e stabile in Europa, utilizzata negli scambi commerciali tra i differenti Stati fece sì che Firenze e la Toscana divenissero delle ricche potenze nel Medioevo. All’epoca, coloro che facevano parte dell’Arte del Cambio, per stabilire se una moneta fosse autentica oppure no, usavano batterla sul loro “banco”, ma con il Fiorino questo non era necessario: esso era talmente solido e affidabile che, appunto, non permetteva alcun inganno!

Matro Adamo, il falsario dei fiorini

In realtà, ci furono delle personalità che tentarono di coniarlo. Una delle più famose è Mastro Adamo da Brescia, familiare dei conti Guidi che ospitarono Dante durante la prima parte del suo esilio. Nel 1281 il castello del piccolo paese del Casentino divenne famoso per una colpa: qui Mastro Adamo coniò, per conto dei Guidi stessi, il fiorino d’oro. Tale crimine veniva duramente condannato nel Medioevo e fu così che l’uomo venne arso sul rogo proprio a Firenze, poco dopo aver commesso il crimine. Nella Divina Commedia i falsari si trovano riuniti nella X Bolgia dell’VIII cerchio. Quando il Sommo giunge in questo luogo nota immediatamente un’anima dannata particolare: ha la bocca aperta per la troppa sete e il ventre molto gonfio («fatto a guida di leuto, / pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia /tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto», Inferno, Canto XXX, vv. 49-51) a causa dell’idropisia (quando nel corpo umano si accumula liquido sieroso). E’ quindi costretto a pensare continuamente ai luoghi del Casentino, dove peccò, così ricchi di freschi ruscelli.

Miniatura tratta dalla Divina Commedia di Alfonso d’Aragona (Franco Cosimo Panini Editore).

Dopo questo breve racconto sul patrono della nostra amata Firenze, non possiamo che augurare a tutti un buon San Giovanni a tutti!

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Bibliografia e sitografia:

Barbero Alessandro, Dante, Laterza, Bari 2020
Seriacopi Massimo, Dante senza veli. Una biografia, Edizioni SettePonti, Castelfranco Piandiscò (AR) 2021

Enciclopedia Treccani, Adamo (Mastro Adamo).
Famiglia cristiana, San Giovanni Battista, il profeta che annunciò Cristo già nel grembo materno.
Firenze made in Tuscany, Tutto quello che dovete sapere su San Giovanni a Firenze.
La Repubblica, San Giovanni, ecco chi verrà premiato coi Fiorini d’Oro.
Paolo Penko, Il fiorino.

San Francesco e il crudo sasso della Verna

Nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno.

Paradiso, XI, 106-108

Se volessimo parafrasare alla lettera questa terzina dantesca, potremmo scrivere che sulla cima rocciosa tra le valli del Tevere e dell’Arno ricevette da Cristo l’ultima approvazione con le sacre stimmate, che le sue membra portarono impresse per due anni. Ma di quale cima rocciosa si tratta? E chi è il soggetto della frase? Per comprenderlo, partiamo dall’inizio dello splendido canto XI del Paradiso dantesco.

San Francesco nel Paradiso dantesco attraverso le parole di San Tommaso

Siamo nel cielo del Sole, a parlare è lo spirito di San Tommaso d’Aquino, che Dante e la nostra Beatrice avevano incontrato già nel canto precedente. L’anima beata di San Tommaso sta spiegando al poeta pellegrino che Dio, per amore della Chiesa, dispose due guide che la conducessero verso il bene, San Francesco e San Domenico, fondatori dei due grandi ordini monastici del secolo XII, i quali avevano come loro scopo fondamentale la riforma morale del mondo cristiano.

E’ a questo punto che San Tommaso inizia la celebrazione della figura e dell’opera di Francesco d’Assisi, mettendo in rilievo le caratteristiche della sua personalità e i momenti più importanti della sua vita e della sua azione. Ecco allora che ci narra come sulla costa del monte Subasio nasce il nuovo sole del mondo. Prima di presentare la figura di San Francesco, infatti, il Poeta presenta il luogo in cui egli nacque e l’ambiente in cui incominciò a svolgere la sua missione. Fra le valli del Topino e del Chiascio si eleva un massiccio montuoso, la cui cima più alta è proprio il Subasio, il monte su cui sorge Assisi:

Però chi d’esso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vole (vv. 52-54).

In questa terzina, Dante sottolinea la rispondenza fra sole vero e sole figurato, poiché egli, nell’antico nome di Assisi – Ascesi – vede il significato di “ascendere”. Così, con la nascita di Francesco ad Assisi nasce il nuovo sole.

L’uomo che sposò la povertà

San Tommaso poi ricorda la rinuncia di Francesco ai beni terreni per abbracciare e sposare l’assoluta Povertà, rinuncia fatta davanti alla curia vescovile della sua città e alla presenza del padre. Francesco, infatti, figlio del mercante Pietro Bernardone, abbandonò le cose del mondo e iniziò la sua vita di ascesi nel 1206, all’età di ventiquattro anni. Fondamento della sua nuova vita e della sua dottrina fu l’amore per la povertà. Per essa dovette lottare contro la fierezza del padre, che giunge a citarlo davanti alla curia vescovile di Assisi. In quell’occasione Francesco, non solo rinunciò a tutti i suoi beni, ma in presenza del vescovo e del popolo restituì al padre anche gli abiti che indossava

San Francesco “dipinto” da Dante

I versi di Dante e le immagini che essi evocano sono quasi degli scomparti d’affresco, che illustrano e accompagnano la storia. Una storia d’amore tra Francesco e la Povertà: un sentimento tutto dantesco, di uomo vivo. La storia di questo amore continua a svolgersi, infatti, con il dinamismo proprio dell’affresco, dove le singole scene si susseguono senza interruzione le une alle altre, su uno sfondo di oro e d’azzurro.

San Tommaso continua spiegando che a Roma, il poverello di Assisi ottiene l’approvazione del proprio ordine prima da Innocenzo III e poi da Onorio III. In seguito, recatosi in Oriente, Francesco cerca di diffondere in quelle terre la parola di Cristo, ma fallito questo tentativo, deve tornare in Italia. Ed ecco che qui, proprio sul monte della Verna, riceve, due anni prima di morire, le sacre stimmate.

Nel 1224 Francesco, mentre si trovava sulla Verna, per un periodo di solitudine e penitenza, ricevette direttamente da Cristo l’ultimo riconoscimento, il più grande, della sua missione. Di nuovo il poeta ci dona un bellissimo schizzo panoramico: nel crudo sasso intra Tevero e Arno (v. 106). I luoghi qui citati da Dante ci appaiono oggi sicuramente diversi da come dovevano essere agli inizi del Trecento. Nel 1213 il Conte Cattani, signore di Chiusi della Verna, donò il Sacro Monte a San Francesco d’Assisi cosicché questi vi erigesse un convento. Oggi il Santuario si trova immerso nella cornice naturale della splendida faggeta secolare, in un luogo di pace e meditazione.

Ma torniamo alla Commedia e concludiamo la narrazione di San Tommaso, fino al momento in cui Francesco muore sulla nuda terra, raccomandando madonna Povertà ai suoi seguaci ed eredi:

Quando a colui ch’a tanto ben sortillo 
piacque di trarlo suso a la mercede 
ch’el meritò nel suo farsi pusillo,

a’ frati suoi, sì com’a giuste rede, 
raccomandò la donna sua più cara, 
e comandò che l’amassero a fede;

e del suo grembo l’anima preclara 
mover si volle, tornando al suo regno, 
e al suo corpo non volle altra bara (vv. 109-117).

Verso l’iconografia francescana di Cimabue e Giotto

Con la narrazione delle vita di San Francesco, accompagnata da descrizioni paesistiche dettagliate, naturalistiche, che si appoggiano a dati concreti, Dante diventa, potremmo dire, il capostipite di una iconografia del Santo e delle sue storie, che troverà una traduzione figurativa di ineguagliabile livello nelle creazioni di Cimabue e Giotto. Ma questa è un’altra storia, di cui vi parleremo sicuramente, ma nei prossimi giorni. Adesso vi lasciamo con una carrellata di splendide immagini, tutte da gustare con occhi pieni di ammirazione.

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Cimabue, Madonna in trono con Angeli e Santi, particolare della figura di San Francesco, 1278-1280 ca, affresco, Assisi, Basilica Inferiore di San Francesco.

Giotto, San Francesco dona il mantello al cavaliere povero, 1297-1299, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco.

Giotto, San Francesco rinuncia ai beni terreni, 1325-1328, affresco, Firenze, Basilica di Santa Croce, Cappella Bardi.

Giotto, Il pontefice Innocenzo III approva la regola francescana, 1297-1299, affresco, Assisi, Basilica Superiore di San Francesco.

Giotto, San Francesco presenta la regola al pontefice Onorio III, part., 1325-1328, affresco, Firenze, Basilica di Santa Croce, Cappella Bardi.

Giotto, Morte di San Francesco, part., 1325-1328, affresco, Firenze, Basilica di Santa Croce, Cappella Bardi.

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Bibliografia e sitografia

Dante Alighieri, La Divina Commedia, con prefazione di Giuseppe Ungaretti, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1965
I luoghi di Dante, sito web Il bel Casentino, https://www.ilbelcasentino.it/luoghi-dante-seq.php?idimg=7816
Chiusi della Verna, sito web Le Vie di Dante, https://www.viedidante.it/citta/chiusidellaverna/

Fonte immagini.